L’inoccupazione è un terribile male che sta divorando il nostro paese che è a crescita zero. Sempre più difficile trovare lavoro e dignità. Essere disoccupati o inoccupati è come fare parte di un grande trincea dove si combatte spalla contro spalla con uomini invisibili che vogliono riscattarsi per trovare un’ occupazione dignitosa  creare una famiglia, avere una vita serena e produrre in modo ricco e innovativo per il proprio paese.  I concorsi  sfilano davanti ai nostri occhi come tanti miraggi, tanti sogni, tante grandi speranze. Come l’ultimo concorso al Ministero per i Beni e le Attività Culturali. 1052 posti per addetto alla vigilanza e all’accoglienza che si è tenuto presso la Nuova Fiera di Roma di via Portuense. 208.000 persone tra disoccupati, inoccupati, precari provenienti da tutte le parti d’Italia. Ho studiato questo concorso assieme a un mio amico ex compagno del liceo. Ci allenavamo ogni settimana esercitandoci sugli insidiosi quiz di logica, matematica, ragionamento critico verbale, diritto dei beni culturali, storia dell’arte e sicurezza sul lavoro. Un esperienza molto importante nella quale abbiamo capito che per vincere bisogna prima usare la testa e poi le nostre capacità, l’allenamento è la partita e la partita l’allenamento. La vera vittoria è affrontare le difficoltà senza pensare al risultato finale. La data del concorso sembrava quasi non arrivare mai, rimanevamo sempre sospesi nel vuoto che riempivamo con studio e sacrificio. Mesi che sembravano anni, ore che sembravano giorni. Alla fine quando uscirono le date del concorso siamo rimasti increduli, spaesati. Orientarsi non è stato  facile. E alla fine ci ritrovammo in un oceano di persone stipate come sardine  nei padiglioni della Fiera. Chi veniva dalla Sardegna chi dalla Sicilia, dalla Puglia, dalla Toscana, Lazio, Abruzzo. Tanti erano i volti dei giovani con occhi lucenti di speranza  alla ricerca di un posto a tempo indeterminato, come migranti alla ricerca di una terra promessa. Ed  io ero in mezzo a loro, a lottare con tutte le mie potenzialità. I padiglioni dell’immenso edificio si erano riempiti come formicai umani. Prima dell’inizio della prova il tempo sembrava che si fosse fermato. Eravamo tutti lì, stipati dentro al padiglione 1 come in una gigantesca trincea. Tutti accomunati da un unico obiettivo: “Avere un posto di lavoro vero”. Quando le schede dei quiz erano pronte, cominciai ad analizzare le domande nel loro insieme. Le domande erano micidiali come una raffica di proiettili sparati da un mitra, devastanti come colpi di mortaio. Ma io ero lì, pronto ad usare le giuste strategie. Ogni quiz era un avversario da vincere con la forza della mente e del cuore. Ostacoli insormontabili da superare. Una lotta senza fine. Una volta finita la prova mi ritrovai nei corridoi di uscita ripensando alle domande del concorso ma anche a tanti ricordi di un passato felice. Cigola la carrucola del pozzo e quando l’acqua sale alla luce, da essa si materializza l’immagine di mio padre e di mia madre giovani con al centro un bambino che sorride vicino ad un cespuglio di rose color rosso vermiglio. L’immagine di un mondo perduto vivo e pulsante nel mio cuore. Una fotografia che il tempo non invecchia, densa di una luce che irradia Amore eterno.

 

Piermarco Parracciani

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