Nella Città Eterna c'è un santuario cristiano che non solo è bello all’esterno e pieno di grazia all’interno, ma è anche dotato di una certa connotazione romantica. Questa parola non è molto appropriata per il contesto, ma, dato che non riesco a trovarne una migliore, spero che il Signore mi perdoni e che i lettori siano indulgenti.
Questo santuario racchiude un tesoro prezioso con una lunga storia, divisa in due parti.
La prima parte si svolge all'inizio del III secolo. A Roma, in una nobile famiglia, viveva una giovane ragazza di nome Cecilia, bella fuori e ancora più bella nello spirito. Era segretamente cristiana. Il senso di tutta la sua vita era servire attivamente i poveri e preservare la sua verginità fino alla fine dei suoi giorni terreni. I suoi genitori decisero di farla sposare con il nobile patrizio Valeriano. La vergine non resistette, pregò solo in segreto l'aiuto di Dio. E alla fine, quando avvenne il matrimonio, Valeriano abbracciò la Fede cristiana, e addirittura accettò di rimanere casto come Cecilia. Anche il fratello del nobile, Tiburzio, si convertì al cristianesimo. I tre giovani vivevano in unità spirituale e aiutavano i poveri con tutti i loro beni.
Il prefetto di Roma voleva fermarli, così li convocò per un interrogatorio e pretese che sacrificassero agli dei pagani. Li fece frustare, ma non ottenne nulla. Valeriano incoraggiò la moglie e il fratello a rimanere saldi e fedeli al Signore Gesù. Il prefetto allora ordinò di giustiziare Valeriano e Tiburzio fuori dalle mura di Roma. Sulla strada per il luogo dell'esecuzione, i fratelli convinsero il capo dei soldati, Massimo, a diventare cristiano, e lo battezzarono a casa sua. Il giorno dopo l'esecuzione, Massimo si confessò cristiano e chiamò santi martiri i fratelli Valeriano e Tiburzio. Il prefetto lo fece frustare a morte.
Durante questi eventi santa Cecilia distribuì tutti i suoi beni e riuscì ad avvicinare all'Unico Dio più di quattrocento romani. Inorridito, il prefetto la face immergere nell’acqua bollente, ma lei non morì. Il boia tentò di tagliarle la testa, ma senza successo — le inflisse solo ferite mortali.
La santa sopravvisse due giorni, confessando fermamente Cristo e chiamando a Lui coloro che le stavano intorno. Quando morì, il suo corpo fu portato nelle Catacombe di San Callisto, dove rimase per molti secoli.
Ecco che arriviamo alla seconda parte della storia. Nel momento in cui la bara fu aperta per traslare le sante reliquie, venne scoperto un fatto eccezionale. Era il 1599, ovvero quasi quattordici secoli dopo l'assassinio della vergine. Quando i presenti videro il corpo di Cecilia, si accorsero con timore, stupore e tremore che era rimasto completamente incorrotto. La fanciulla martire giaceva su un fianco, con le mani legate, come era stata deposta quattordici secoli prima. Su quel collo che era stato colpito con la spada c'era una profonda cicatrice. Il suo viso era calmo e bello. Tra la folla dei romani stupiti vi era un giovane scultore, ancora del tutto inesperto e sconosciuto: Stefano Maderno. Fu a lui che il cardinale Paolo Emilio Sfondrati, titolare della basilica di Santa Cecilia in Trastevere, incaricò di realizzare una scultura in marmo, con lo scopo di ricordare quello straordinario ritrovamento. Di lì in avanti, infatti, le reliquie sarebbero state conservate nel santuario che porta il nome della santa, costruito nello stesso luogo dove un tempo sorgeva la sua casa. Stefano Maderno creò un vero capolavoro. In seguito divenne un eminente e celebre scultore barocco, ma Il Martirio di Santa Cecilia rimane la sua opera più famosa. Dal canto mio, considero questa scultura divinamente ispirata.
Le reliquie della santa giacciono da quattrocento anni in una tomba sotto l'altare, e sopra di esse c'è questa scultura, questa Immagine, questa Icona! Il Signore mi dà la gioia di venire qui a pregare. Scorgo in quel corpicino di marmo, indifeso e prostrato, la tenerezza dell'enorme Amore di Cristo. Quell’Amore che predica l'immortalità e l’inevitabile vittoria del cristianesimo su tutti i nemici della nostra Fede.
Questa è solo una delle tante storie in cui possiamo imbatterci girando per la Città Eterna, storie di grande insegnamento per tutti coloro che hanno orecchie per sentire.
di Alexej Ganzha