Stimati colleghi, illustri ospiti, signore e signori,

è con profonda gratitudine e onore che mi rivolgo a voi oggi in questa occasione così significativa, dove l'arte e la pace si incontrano per illuminarci sul loro intrinseco legame e sul potere trasformativo che possono esercitare sul nostro mondo.

Vorrei iniziare il nostro viaggio riflessivo richiamando alla memoria due opere d'arte create nei primi anni dell’ottocento, che benché ormai separate dal tempo e dallo spazio, sono unite da un filo conduttore di speranza e aspirazione umana verso la pace.

Napoleone Bonaparte nonostante le sue continue guerre si è voluto fare rappresentare nella veste di pacificatore. In classica nudità, severo con l’asta e il globo, Antonio Canova lo raffigurò come Marte, Dio della guerra e pacificatore, un Dio che sa essere feroce e concedere benignamente ai vinti la sua pace.

Una copia in bronzo realizzata nel 1810 fu collocata nel Palazzo di Brera a Milano nel due anni dopo. Anche in mezzo a preparativi di guerra, si riconosce il potere dell'arte come veicolo di pace. La scelta di un'opera d'arte in tempi di conflitto ci parla della profonda dualità e della complessità dell'animo umano. Anche nei momenti più oscuri, vi è un desiderio impellente di armonia, di bellezza e di unità, nell’Ottocento come oggi.

Negli stessi anni 1811-1812 Antonio Canova ideava una seconda opera, La Figura della Pace realizzata nel 1815. Fu commissionata da Nikolaj Petrovič Rumjancev, come simbolo di pace e fratellanza, all’alba dell’invasione napoleonica della Russia. Quest'opera in marmo, alla morte de diplomatico russo, con tutta la sua collezione viene donata allo Stato che va a costituire nel 1831 il primo Museo pubblico russo, inizialmente a San Pietroburgo, poi, nel 1861, trasferito a Mosca. Krusciov – Segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, dalle origini ucraine – decide nel 1953 di trasferire la scultura da San Pietroburgo a Kiev, al Museo Nazionale Khanenko, come decise di dare la Crimea all’ucraina nel 1954 nel seno comunque dell’Unione Sovietica. Attraverso il suo viaggio da luogo a luogo, questa creazione d'arte non solo ha testimoniato le mutevoli sfere politiche e sociali, ma è rimasta un faro di pace e resilienza. La sua storia ci ricorda che l'arte, nella sua essenza, serve come un ponte tra culture e ideali, superando confini e abbattendo barriere che il tempo e le circostanze erigono.

Queste due opere rappresentano non solo un periodo di grande tensione storica, ma anche la persistenza dell'ideale di pace attraverso l'arte. Le commissioni di allora e le creazioni di oggi sono emanazioni tangibili di quell'anelito alla concordia, che sovrasta le contingenze della guerra e della divisione.

L'arte, come ci insegnano questi esempi storici, è una lingua universale che ha il potere di parlare direttamente al cuore e alla mente, spesso superando le limitazioni della parola e del linguaggio. È la manifestazione visiva delle nostre aspirazioni più elevate, la nostra sete di bellezza, verità e pace.

Oggi, più che mai, dobbiamo riconoscere il ruolo cruciale che l'arte può svolgere nel tessere un arazzo di pace nel tessuto della nostra società globale. Attraverso mostre interculturali, scambi artistici e iniziative creative globali, possiamo promuovere la comprensione reciproca, la tolleranza, e una profonda apprezzamento per le diversità che arricchiscono la nostra umanità comune.

Permettiamo che queste due opere, nate dalla speranza di pace in un'epoca di conflitti, ci ispirino nelle nostre attuali sfide. Che possano ricordarci che anche nei momenti più turbolenti, possiamo cercare rifugio e ispirazione nella bellezza e nell'arte.

Vittorio Sgarbi, curatore della mostra “ANTONIO CANOVA – LA PACE DI KIEV. L’ARTE VINCE SULLA GUERRA due anni fa, all’inizio del conflitto russo ucraino (11 maggio – 5 ottobre 2022) affermava: “Canova, l’ultimo grande artista che ha chiuso l’arte dell’Occidente ha unito tutto, non ha diviso. Canova è un grande conciliatore di ogni conflitto, di ogni differenza, e in nome della sua Pace io chiedo a voi di invocarla tutti insieme sul piano di spirito del mondo, perché il mondo si salvi”.

Concludo, dunque, con un invito a tutti noi di abbracciare il potere trasformatore dell'arte nella nostra eterna missione di costruire e mantenere la pace. Che possiamo tutti essere custodi della bellezza e ambasciatori della pace nel nostro mondo. Maria Regina Pacis ora pro nobis

 

Grazie.

Mons. Jean-Marie Gervais

 

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