Geopolitica e guerre ibride sono due dei concetti più abusati dell'attualità. I geopolitici e gli esperti militari hanno occupato lo spazio mediatico che fu dei virologi durante la pandemia di COVID19, complici lo scoppio di una serie di violente guerre ai confini dall'Europa, o a poca distanza, dall'inizio del 2022 a oggi.
L'onnipresenza di queste figure ha però portato più confusione che altro nelle menti degli italiani, tra ipotesi che sono rimaste tali e previsioni che hanno fatto buchi nell'acqua. Ed è accaduto più volte: in Ucraina, nel Pacifico, in Africa, in Medioriente. Il risultato complessivo di questa svolta geopolitica dell'informazione è stato misto: la fiducia dell'opinione pubblica nei media mainstream è diminuita ulteriormente, portando un numero crescente di persone a informarsi per conto proprio, in particolare su social come X e TikTok. Il problema? Che se il giornalismo può misinformare, i social sono una terra di nessuno in cui la disinformazione è di casa, sono il nuovo campo di battaglia delle guerre ibride.
È proprio di guerre ibride ai tempi dell'Internet (e dell'IA) che si è parlato di recente in un convegno di alto livello che ha ottenuto scarsa copertura mediatica. Stiamo parlando de "L'Italia alla prova delle guerre ibride", evento che ha avuto luogo il 4 luglio, da un'idea dell'onorevole Enrico Borghi (Capogruppo Italia Viva-Il centro-Renew Europe, membro della Commissione Affari Esteri e Difesa e del Copasir), nella sala Zuccari del Senato della Repubblica.
Relatori dell'evento sono stati alcuni dei volti più noti del panorama politologico italiano: l'esperto di guerre cognitive Emanuel Pietrobon, la teorica della geopolitica delle criptovalute Elham Makdoum e l'analista militare Paolo Mauri, i cui interventi sono stati moderati dal giornalista Lorenzo Vita.
I lavori sono stati aperti dai saluti istituzionali dell'onorevole Borghi, co-autore di un DDL sull'istituzione di un'Agenzia nazionale per la disinformazione e la sicurezza cognitiva, che ha parlato delle vulnerabilità dell'Italia alle guerre ibride e degli strumenti di cui dovrebbe dotarsi, dell'importanza di ripensare la comunicazione politica e del ruolo svolto da Russia e Cina nel deterioramento della stabilità tra Maghreb, Sahel e Corno d'Africa.
Pietrobon ha spiegato in che cosa consistono le guerre ibride e quando fanno la loro comparsa, confutando falsi miti e analizzando alcuni casi-studio di guerre cognitive che hanno avuto effetti sulla realtà. Ha inoltre avvisato che il prossimo fronte dei combattimenti non convenzionali saranno le guerre neurologiche, un particolare tipo di conflitto che vede l'impiego di armi biologiche, chimiche, elettromagnetiche e radiologiche.
Makdoum ha parlato di come le tecnologie emergenti stanno cambiando le guerre regolari e irregolari, facendo luce sul ruolo del dark web e delle criptovalute nelle strategie di resistenza economica e di guerra ibrida di Russia, Cina, Corea del Nord e Iran. Ha analizzato anche le ragioni per cui TikTok sarebbe un'arma cognitiva con cui la Cina modella l'opinione pubblica globale e illustrato dei casi-studio di applicazione dell'intelligenza artificiale ad operazioni di guerra ibrida.
Mauri ha disaminato il modo di fare la guerra ibrida della Russia dall'epoca sovietica ad oggi, aggiungendo elementi di approfondimento agli interventi di Pietrobon e Makdoum. Nel complesso, tutti e tre i relatori hanno appoggiato il DDL presentato dall'onorevole Borghi e auspicato la diffusione di iniziative volte a sensibilizzare sulle guerre ibride.