Una domanda gira in rete in questi giorni, parecchi l'hanno posta in varie forme: Chi ha eletto a censori unici ed indiscussi della comunicazione e della editoria globale e mondiale i proprietari dei Social più diffusi?

Siamo nel mezzo di una crisi economica e una pandemia senza precedenti, in Italia siamo nel mezzo di una crisi di governo probabilmente insanabile e probabilmente siamo nel mezzo di una crisi della libertà di espressione legata alla censura dei giganti della tecnologia. Si ha l'impressione, anche a causa di certe notizie della stampa e di certa tv che sembra essere orientata più a terrorizzare che ad incoraggiare, che la realtà e la fantasia sembrano confuse in una proliferazione di disinformazione e saperi su cose che da semplici diventano trascendentali creando un miscuglio "intortato" di fantasia, metafora, legenda e realtà. In seguito agli eventi del 6 gennaio 2021, Donald J. Trump non ha potuto pubblicare su Twitter, Facebook e Youtube, l'ultimo messaggio alla nazione, in quanto tutti i suoi account sono stati bloccati dai tre giganti della tecnologia social.

Nell'ultimo videomessaggio il presidente americano ha dichiarato:"[...] Vorrei anche dire qualche parola sull'assalto senza precedenti alla libertà di parola che abbiamo visto in questi giorni. Questi sono tempi tesi e difficili, gli sforzi per censurare, cancellare e inserire nella lista nera i nostri concittadini, sono sbagliati e sono pericolosi. Ciò di cui abbiamo più bisogno in questo momento è un ascolto reciproco, non un bavaglio, tutti noi possiamo scegliere dalle nostre azioni, per elevarci al di sopra del rancore e trovare un terreno comune e uno scopo condiviso. Dobbiamo concentrarci sulla promozione degli interessi dell'intera nazione, assicurare i vaccini miracolosi, sconfiggere la pandemia, ricostruire l'economia, proteggere la nostra sicurezza nazionale e sostenere lo stato di diritto. Oggi mi rivolgo a tutti gli americani per superare l'impeto del momento e unirsi insieme in un unico popolo americano. Scegliamo di andare avanti uniti, per il bene delle nostre famiglie, delle comunità e del nostro paese. Grazie, Dio vi benedica e Dio benedica l'America”. Un Trump che fino a poche settimane fa sosteneva: "I nostri avversari distruggeranno la rimonta (economica) con lockdown non scientifici, vogliono chiudere, non lasceremo che accada, è importante che tu esci e voti" ed ora e dopo il 6 gennaio 2021 chiede una transizione ordinata. A sostegno dei social tante osservazioni in rete che sottolineano che Facebook ed Instagram sono aziende private e rispondono, nei limiti della legge, alle linee editoriali della proprietà. Contenitori "privati" che stabiliscono delle condizioni che vanno accettate in fase di iscrizione, ed hanno regole (giuste o sbagliate che siano) di utilizzo (anch'esse accettate in fase di iscrizione). Se non si è d'accordo con queste regole basta non usare i social. Poi c'è chi al contrario criticando i social ha preso una chiara posizione contro la censura, Massimo Cacciari: "È scandaloso che un social decida chi parla e chi no" Il filosofo con una riflessione sul comportamento dei social, ha dichiarato: "Sono dei privati, non possono togliere la parola". Anche Giorgia Meloni in sostegno a Trump, definisce "vergognosa la censura dei profili social. Sulla sua pagina Facebook scrive: "Sono felice che nessun politico italiano noto abbia commentato positivamente la vergognosa censura dei profili social di Trump. Adesso servirebbe un piccolo sforzo in più e condannare chi pensa che una società privata quotata in borsa abbia il diritto di calpestare la democrazia e la libertà dei popoli. Coraggio, possiamo farcela". Anche Salvini, a difesa di Trump, scrive sulla sua pagina Facebook: "Twitter è un'azienda privata, ma ha una funzione pubblica. Imbavaglia Trump? Mi domando: dove stiamo andando? Chi decide che cosa si può dire e non dire? La violenza va condannata, ma la censura non mi piace mai". Qualche giorno prima Gad Lerner il giornalista di origini libanesi, riferendosi alla presidente di Fratelli d'Italia e al presidente della Lega, aveva twittato: "Donald Trump si conferma essere il criminale fomentatore di una destra golpista, fino a dare l'assalto al Congresso degli Usa.

Vedremo se i suoi sostenitori nostrani Matteo Salvini e Giorgia Meloni ne prenderanno doverosamente le distanze" e poi dopo, sul blocco dei profili social di Trump, Lerner: "Dovevano farlo prima. Si sarebbe evitata la convocazione di un esercito sedizioso, profondamente plasmato dalle menzogne diffuse da Trump. Se lo facessero anche in Italia con alcuni non sarebbe male… Da sempre penso che i social hanno dei proprietari e degli editori che devono avere una responsabilità culturale. I social come colpa hanno quella di aver troppo poco filtrato le menzogne e le denigrazioni che ci sono state in questi anni perciò arrivano molto in ritardo".

Se il Premier Giuseppe Conte e i ministri italiani non hanno detto nulla in merito alla questione Trump, non è stato così in altri Paesi Europei. In particolare Germania, Francia e Polonia. Francia e Germania esprimono la loro disapprovazione per l’azione di Twitter e Facebook nei confronti di Donald Trump. “La cancelliera Angela Merkel ritiene problematico che sia stato bloccato in modo completo l’account Twitter di Donald Trump”, ha affermato il portavoce Steffen Seibert durante una conferenza stampa a Berlino. In Francia, è stato il ministro dell’Economia Bruno Le Maire ad esprimersi su France Inter: “Ciò che mi sciocca è che sia Twitter a decidere di chiudere il profilo di Trump. La regolamentazione dei colossi del web non può avvenire attraverso la stessa oligarchia digitale […] è necessaria ma deve essere fatta dal popolo sovrano, dagli Stati e dalla giustizia”. Il Governo polacco ha denunciato la disattivazione degli account social media di Donald Trump, dicendo che in Polonia è ora in preparazione un disegno di legge che renderà illegale per le aziende tecnologiche intraprendere azioni di questo tipo. “I giganti della tecnologia non dovrebbero poter decidere quali opinioni sono giuste e quali no” ha scritto il primo ministro Mateusz Morawiecki su Facebook, senza menzionare direttamente Trump. “Non si può consentire la censura”. Morawiecki ha paragonato indirettamente le decisioni delle aziende dei social media con l'esperienza della Polonia durante l'era comunista.

“La censura della libertà di parola, una caratteristica dei regimi totalitari e autoritari, sta ora tornando sotto forma di un nuovo meccanismo commerciale per combattere coloro che la pensano diversamente”, ha denunciato. Sebastian Kaleta, segretario di stato presso il Ministero della Giustizia polacco, ha dichiarato che la decisione di Facebook di rimuovere l'account di Trump è stata ipocrita, politicamente motivata e “equivalente alla censura”. Interessante poi quanto si legge sul corriere della sera, dove Pierluigi Battista scrive che la censura dovrebbe conservare almeno un minimo di coerenza. Se si mette la sordina al presidente americano ancora in carica per il suo incitamento all’eversione (ma a stabilire se è un reato deve essere la giustizia americana, non Twitter o ciascuno di noi) non si capisce perché si permetta all’ayatollah iraniano Khamenei, nel cui Paese continuano le impiccagioni di dissidenti e le persecuzioni contro le donne, di scrivere che «Israele è un cancro maligno in Medio Oriente che va rimosso e sradicato», e non ci vuole molta fantasia per immaginare come dovrebbe realizzarsi questo «sradicamento». Ovviamente, nella brutale semplificazione che sta inquinando sempre più diffusamente il dibattito pubblico, il rischio è di passare per trumpiani se si eccepisce sulla decisione (legale ma errata) di Twitter di oscurare il profilo di Trump. Per concludere, visto lo scenario e ciò che sta accadendo sui social è legittimo chiedersi e pensare se sia stato lungimirante il presidente Putin che il 30 dicembre 2020, ha firmato una legge che consente di bloccare i siti Internet, come Twitter, Facebook e YouTube, se giudicati colpevoli di censura o discriminazione. Il testo prevede la possibilità di bloccare, rallentare il traffico e imporre sanzioni amministrative. Secondo il documento, i social network e le piattaforme informatiche straniere rischiano ora di essere penalizzati per aver limitato l'accesso alle informazioni per motivi legati alla nazionalità, alla lingua e all'origine.  Gli autori del testo avevano precedentemente indicato che la legge poteva essere utilizzata contro servizi stranieri, come Twitter, Facebook e YouTube, perché questi ultimi discriminavano i media russi nel 2020. In buona sostanza discutere sulla censura o meno di Trump, non è una questione di dimostrare chi ha ragione o chi ha torto, ma di come i singoli stati reagiscono o di come considerano un fenomeno. Il mondo in cui queste compagnie sono legate al sistema di potere dominante probabilmente tende a tutelarle. Quella parte di mondo in cui, quello che queste compagnie impongono, è visto come nemico della popolazione, vede una reazione più forte anche delle istituzioni. In Polonia per esempio se una piattaforma censura una opinione con la motivazione che è "hatespeech" riceverà sanzioni pesantissime. Il secondo aspetto da considerare è che la diffusione di certe piattaforme le rende di fatto dei servizi con funzione pubblica, infatti anche Salvini scrive: "Twitter è un'azienda privata, ma ha una funzione pubblica..." In breve è come se una società di servizi idrici che fornisce l'acqua potabile decidesse di chiudere il rubinetto a chi utilizza l'acqua per lavare degli indumenti di un colore che alla società dei servizi idrici non piace.

 

Pasquale Fabozzi

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