È difficile descrivere la bellezza di un ricordo. Vi porterò dentro alla bellezza di questo ricordo che nasce dalla luce del passato degli anni 90. Mentre mi abbandono all’attività della scrittura vedo un alone di luce che si materializza dalla finestra e vedo uscire fuori un cane tutto festoso. Si avvicina a me e scodinzolando felice mi da la zampa come se fossimo stati amici da sempre. Eravamo agli albori degli anni 90 e il cane mi portava a camminare insieme a lui per i boschi dell’Olgiata che all’epoca era un’ambiente diverso, più caldo, più familiare. C’era anche mia madre con noi e c’eravamo messi a giocare su un campo vicino a quella che oggi è la ferrovia del treno, in prossimità della perimetrale. Il cane si divertiva a giocare e a correre assieme a noi in questa lunga passeggiata spensierata che era quasi come una gita. Ogni isola del comprensorio era una natura tutta  da scoprire fatta di querce, boschetti torrenti punteggiati da pettirossi, cinciallegre, passeri, allodole, capinere, gazze, codirossi, verdoni, aironi e tanta altra avifauna di cui l’Olgiata è ricca. Noi siamo come dei personaggi che si muovono dentro questo ricordo come in una pittura vascolare di un vaso etrusco e che passano da una dimensione temporale all’altra. Ora il cane mi sta accompagnando verso una fermata del treno e non sono più all’Olgiata ma in Toscana, alla stazione ferroviaria di Orbetello, diretto a Porto Santo Stefano. Vado a trovare i miei amici pescatori al rione della Croce che è vicino alla chiesa del paese. Bella e semplice è la vita dei pescatori, fatta di sacrificio e di cose belle. Si lavora tanto ma poi c’è sempre il momento in cui si fa festa e si riscopre la gioia e il calore della comunità. Si è sempre giovani con i pescatori e si balla sempre a tutta musica. Vicino alla chiesa c’è la Madonna dei Pescatori che ci guida e ci protegge lungo la via del mare e della vita. Attraverso le vie del paese e passo per il rione della Pilarella e più su in alto verso la fortezza spagnola. Proseguo verso il rione Valle e arrivo di nuovo verso la stazione. C’è ancora il cane lì ad aspettarmi e prendo il treno assieme a lui. Viaggiamo attraverso una fermata e l’altra e ad ogni stazione sembra materializzarsi davanti ai miei occhi un set cinematografico fatto di persone, paesaggi variopinti e meravigliosi. Vedo la Laguna di Orbetello, uno specchio d’acqua marina nel quale spiccano le lussureggianti macchie verdi dei terreni e dei canneti. Tanti sono gli aironi, le garzette e i fenicotteri che animano l’ambiente lagunare. Il treno attraversa altri ampi spazi campestri fino ad arrivare alla stazione di Capalbio e ripenso alla bellezza del paese, del lungomare e del suo Festival del Cinema. Arrivando alla stazione di Tarquinia immagino le tombe della necropoli dei Monterozzi e gli affreschi delle sue splendide tombe etrusche ben conservate. Rivedo la Tomba della caccia e della pesca e la Tomba dei leopardi con i loro dipinti misteriosi che ci riportano verso la memoria storica di una grande civiltà, quella degli Etruschi. Architetti, ingegneri e grandi artisti che amavano la natura e la pace. Il treno continua il suo viaggio fino ad arrivare alla stazione di Montalto di Castro con il suo caratteristico faro che sembra avere la forma di un’astronave. Sembra un viaggio senza fine, un viaggio oltre lo spazio, il tempo. Arrivo alle stazioni di Civitavecchia, Santa Marinella e poi Cerveteri. Le mille anime etrusche mi guidano lungo la necropoli della Banditaccia e sento che il viaggio è ormai arrivato quasi alla fine. Mi domando chi sia questo cane, questo ghost dog che mi sta guidando. Dopo un po’ di tempo mi accorgo che il cane si sta trasformando in un’altra cosa. Ora vedo l’anima di mio padre che mi sta indicando la strada che si fa più nitida, chiara. Sono arrivato alla stazione di San Pietro e davanti a me c’è una grande luce. È la PACE! È la FRATELLANZA!

 

di Piermarco Parracciani 

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