Il tema che viene sviluppato riguarda il rapporto tra la fede e la politica, cioè bisogna individuare fino a qual punto la Chiesa, che professa la parola di Dio e promuove la fede nel mondo intero, possa intervenire in questioni “ politiche” che riguardino l’uomo, il suo sviluppo sociale e le sue relazioni con lo Stato. La Chiesa attraverso le sue più alte gerarchie ed anche a livello parrocchiale si è sempre interessata dei problemi sociali con l’evidente intenzione di tutelare le classi più deboli e più sfruttate della società, ma non è mai intervenuta sulle questioni politiche puramente « tecniche » come la forma istituzionale dello Stato, la struttura parlamentare o meno del governo, le autonomie municipali e altre analoghe questioni. I cattolici hanno acquisito una maturità tale, nei duemila anni di storia, che li ha portati a condividere una responsabilità civile e sociale da cui non possono esonerarsi neppure se lo volessero, impegnati sempre per la costruzione di una società giusta. Verrebbero meno nel loro stesso compito di credenti che li obbliga a impegnarsi nel mondo per trasformarlo a servizio dell'uomo.
La presenza politica dei cattolici in Italia dopo il 1860 ha avuto diverse modalità; dal 1874 al 1904 sono sorti l’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici per organizzare i cattolici in difesa dei valori professati dalla Chiesa, senza partecipazione alla competizione elettorale; dal 1906 al 1919 ha operato l’Unione Elettorale Cattolica Italiana, in funzione antisocialista. Il 15 maggio 1891 viene pubblicata la enciclica Rerum Novarum del papa Leone XIII, che storicamente segnò uno dei più importanti interventi “politici” della Chiesa sulle questioni sociali, nell’ottocento in cui si diffondevano, contrapponendosi tra loro, le idee marxiste col Manifesto del Partito Comunista di Marx e Hengels e le idee liberali del capitalismo incondizionato professato dal ” Saggio sulla libertà” di John Stuart Mill del 1859. Mill attribuisce all’individuo la libertà di fare tutto quello che vuole senza però danneggiare gli altri, compresa la libera iniziativa economica. Il marxismo propugnava la lotta al capitalismo e la dittatura del proletariato, alimentando l’odio di classe, propugnando la rivoluzione come mezzo per portare la classe operaia al potere. Questa diversità di pensieri è quello che viene definito la questione sociale, cioè lo scontro tra il padronato e i lavoratori. L’enciclica si pone lo scopo di conciliare queste due correnti di pensiero; ammonisce gli operai ad abbandonare i propositi di rivoluzione e a non esercitare odio verso i ricchi e chiede ai capitalisti di moderare il loro atteggiamento verso i lavoratori eliminando ogni forma di sfruttamento. Una parte rilevante della enciclica è quella in cui gli operai cristiani sono invitati a costituire delle associazioni tra di loro mantenendo lo spirito cristiano e mirando al bene pubblico. L’enciclica esorta le parti a rispettare i diritti delle donne e dei fanciulli che erano la parte più debole della società.
Per tutte le scelte politiche, che coinvolgono lo sviluppo dell’uomo, la giustizia sociale, la difesa dei deboli, il Papato, sotto Leone XIII, deceduto nel 1903, esprime scelte vincolanti sia per gli Stati che per i laici nella Chiesa; scelte vincolanti in coscienza, perché la politica ecclesiastica, soprattutto la politica vaticana,” è depositaria di ogni potere - che viene da Dio - ed è la sola garante del retto incivilimento dei popoli anche per quanto concerne la scelta dei «mezzi più idonei alle circostanze dei tempi e dei luoghi».
PIO X, deceduto il 20 agosto 1914, esprime la linea del cosiddetto “ blocco cattolico”, un fronte elettorale di tutti i credenti per la difesa della Chiesa istituzionale e insieme dell’ordine liberal-moderato costituito contro i socialisti, radicali o anarchici fautori di mutamenti verso società nuove; tale blocco è stato riproposto nel 1948 coi Comitati civici costituiti da Luigi Gedda, presidente dell’azione cattolica nel primo dopoguerra, su incarico di Papa Pio XII, deceduto nel 1958, per sostenere la campagna elettorale del 1948 in funzione anticomunista, appoggiando la D.C.
Con don Luigi Sturzo inizia una fase storica in cui si sviluppa ampiamente e con risultati concreti, l’idea che i cattolici debbono occuparsi della politica, per il bene del prossimo e contro ogni ingiustizia e sopraffazione, che si esprime nella costituzione del Partito Popolare. Secondo don Sturzo il Cristianesimo deve essere una fonte di ispirazione della politica, ma non l’unica, e viene ribadito che la religione non può essere strumento di governo. Inoltre è stato precisato che tra Stato e Chiesa deve esserci autonomia, secondo il principio “Libera Chiesa in libero Stato”, come ribadito nel concordato del 1929 e riaffermato in modo nuovo nel concordato tra Stato e Chiesa del 1984, dove si proclama che lo Stato è neutrale, non confessionale, ma rispettoso del fenomeno religioso.
Al primo congresso del partito popolare, nel giugno del 1919 a Bologna così si esprime don Luigi Sturzo: « E’ superfluo dire perché non ci siamo chiamati partito cattolico: i due termini sono antitetici: il cattolicesimo è religione, è universalità, il partito è politica è divisione. Fin dall’inizio abbiamo escluso che la nostra insegna fosse la religione, ed abbiamo voluto chiaramente metterci sul terreno specifico di un partito, che ha per oggetto diretto la vita pubblica della nazione»
La CEI ha manifestato il suo contributo di pensiero in questo modo, rivendicando il diritto della Chiesa e dei cristiani di partecipare alla costruzione del progresso della società italiana: ”Chiesa e cristiani non sono stranieri in Italia: sono di casa. Essi prendono occasione per riaffermare l’impegno di una qualificata e organica corresponsabilità che, se per loro si ispira al Vangelo di Cristo, si colloca dentro la vita di un popolo di cui essi stessi sono parte e di cui condividono le speranze di ripresa e volontà di autentico progresso.”
Nella sua enciclica “Populorum Progressio” Paolo VI, deceduto il 6 agosto 1978, ha sostenuto :” Nelle loro grandi encicliche, "Rerum novarum" di Leone XIII, "Quadragesimo anno", di Pio XI, "Mater et magistra" e "Pacem in terris" di Giovanni XXIII - senza contare i messaggi al mondo di Pio XII -, i nostri predecessori non mancarono al dovere, proprio del loro ufficio, di proiettare sulle questioni sociali del loro tempo la luce del vangelo” .
Afferma che la questione sociale ha una dimensione mondiale ed invoca giustizia e pace per i paesi poveri, da lui visitati come l’Africa, l’India, l’America latina, e nell’Assemblea delle Nazioni Unite assume la veste di difensore dei popoli poveri, e rivolge un appello a tutti gli uomini affinché insieme ai cristiani e ai cattolici di tutto il mondo, collaborino per lo sviluppo integrale dell’uomo e lo sviluppo solidale della umanità. Condanna il colonialismo, mezzo di sfruttamento dei popoli deboli, pur riconoscendo che in alcuni casi i colonizzatori hanno portato la loro scienza e lasciato testimonianze valide della loro presenza. Esalta l’azione dei missionari che hanno migliorato le condizioni di vita delle comunità dove hanno operato, e sostiene con forza che la Chiesa, fedele all’insegnamento di Cristo, ha sempre promosso l’elevazione sociale dei popoli portando loro la fede in Cristo. La Chiesa non vuole intromettersi nella politica degli Stati ma vuole perseguire il suo scopo che è quello di continuare l’opera di Cristo, venuto in terra per salvare e non per condannare, per servire e per rendere testimonianza della verità. Il recente concilio ecumenico II del 1962 l’ha ricordato: "Dio ha destinato la terra e tutto ciò che contiene all’uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli, dimodoché i beni della creazione devono equamente affluire nelle mani di tutti, secondo la regola della giustizia, ch’è inseparabile dalla carità". Tutti gli altri diritti, di qualunque genere, ivi compresi quelli della proprietà e del libero commercio, sono subordinati ad essa: non devono quindi intralciare, bensì, al contrario, facilitarne la realizzazione, ed è un dovere sociale grave e urgente restituirli alla loro finalità originaria.” Auspica lo sviluppo integrale dell’uomo e lo sviluppo solidale della umanità e chiede che venga praticata la solidarietà non solo tra gli uomini ma tra i popoli.
Questo concetto della partecipazione dei cristiani al progresso della società è stato ripreso da Giovanni Paolo II, deceduto il 2 aprile 2005, durante l’Angelicus domenicale :” E’ un evento che Paolo VI aveva previsto e favorito come segno di rinnovata concordia tra Stato e Chiesa , e che io considero di significativo rilievo come base giuridica di pacifici rapporti bilaterali e come ispirazione ideale per il contributo generoso e creativo che la Comunità ecclesiale è tenuta a dare”.
Da quanto precede è dato rilevare che la fede ha un ruolo determinante nella gestione della cosa pubblica qualunque sia la forma di governo, monarchia o democrazia; già nove secoli fa San Tommaso D’Aquino teorizzava la supremazia della guida della Chiesa, depositaria della legge di Dio: “Se il potere politico garantisce la pace e l’equilibrio sociale fra le classi, è necessario un potere superiore che guidi l’umanità verso un fine spirituale. Questo ruolo è assunto dalla Chiesa, dai sacerdoti e specialmente dal papa. La soggezione dell’autorità politica terrena al papa trae la sua spiegazione dal fatto che il governo religioso del mondo, più importante di quello politico, fu affidato da Gesù non ai sovrani degli Stati ma al papa. Nella concreta esperienza storica la Chiesa ha una funzione direttiva delle coscienze. L’autorità politica trova la sua legittimità nella misura in cui rispetta i decreti eterni della legge di Dio: le leggi di uno Stato devono riflettere i principi della legge eterna di Dio; in caso contrario tali leggi sono prive di valori e il popolo può ribellarsi ai sovrani”
Nel V Convegno della Chiesa italiana, svoltosi a Firenze nel 2015, papa Francesco ha sostenuto che esiste un forte legame tra fede e politica; tutto il popolo di Dio deve partecipare attivamente alla missione della Chiesa attraverso la discussione di tutti i temi che riguardano l’uomo e la società, deve collaborare per la costruzione della società comune, condividere diritti, doveri, valori e prospettive, perché tutti i credenti sono cittadini. La forza della Chiesa è nel suo essere cattolica, cioè universale. Papa Francesco conclude il suo discorso affermando che “i cristiani debbono impegnarsi per essere i costruttori dell’Italia, debbono mettersi al lavoro per una Italia migliore”.
Autore dello scritto
Avv. Calogero Antonio Pennica
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Iscritto albo degli Avvocati dal 10/02/2005 n° 0624 “FORO DI AGRIGENTO”
Iscritto albo Storico Regione Sicilia Legge 24/76
Insegnante EUROFORM scuola professionale dei mestieri
Insegnante di Diritto ed Economia classe di concorso A046
Autore del libro i suicidi politici nel mondo romano di età Giulio-Claudia
Autore di piu 300 biografie di personaggi illustri della Storia di Ravanusa
Security Manager UNI 10459
Prot. 1959
Chiapparo Vincenzo
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Direttivo presso NSA&RPC SPA “intelligence”
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