Mostrando il Libro della Sapienza ai suoi studenti San Tommaso dichiarava: «Ho desiderato l’intelligenza e mi è stata data; ho invocato lo spirito della Sapienza è venuto in me. L’ho preferita ai regni e ai troni e ho stimato la ricchezza un nulla a confronto della Sapienza».
Quando saliva in cattedra mostrava una "mela" e chiedeva cosa fosse, invitando a chi non fosse d'accordo sull'essenza della mela ad abbandonare l'aula. Affermava l'evidenza del Creato contro ogni eresia, forte della cultura e preparazione domenicana. La Sua era purissima intelligenza vocata alla ricerca ed affermazione di Cristo. Nella "Summa Theologiae" scrive: «Quello che vi è di più perfetto nell’uomo è l’operazione dell’intelligenza per cui la beatitudine di un essere dotato di intelligenza consiste nell’intelligenza stessa, nel conoscere».
«Adaequatio intellectus et rei», la Verità come corrispondenza dell'intelletto alla realtà
Lo scrivente invita il paziente lettore a soffermarsi su questi pensieri, essendo impossibile tracciare compiutamente l'opera del "Bue muto" che con il Suo pensiero diede Gloria a Dio ed alla Chiesa. Primo esponente della "Scolastica" traccerà un solco incolmabile verso le eresie del tempo.
Oggi abbiamo insegnanti che dichiarano che la mela non è la mela. Abbiamo le insidie del "pensiero unico", dell'abominio del transumanesimo, del metaverso. Non dobbiamo temere. Ricerchiamo l'intelligenza dell'Aquinate e, con l'aiuto di Dio, non avremo timore di nulla. #cultura
di Savino di Scanno