Con il cuore colmo di commozione e di reverente gratitudine, desidero unirmi al cordoglio della Chiesa universale per il ritorno alla Casa del Padre di Sua Santità Papa Francesco, Pastore buono e fedele servo della vigna del Signore. Il Signore ha voluto chiamarlo a sé proprio nel giorno luminoso del Lunedì dell’Angelo, quando la Chiesa contempla il Risorto che vince la morte e apre la strada alla vita eterna. Quest’anno, provvidenzialmente, il Lunedì di Pasqua è coinciso con il 21 aprile, data del Natale di Roma, fondazione di quella città che è madre e cuore della cristianità. E, ancora più significativamente, la Pasqua del 2025 è stata celebrata nello stesso giorno da tutte le Chiese cristiane, compresi i fratelli ortodossi, come a suggellare un desiderio di unità e di riconciliazione che Papa Francesco ha instancabilmente promosso. In questo giorno, che celebra la speranza cristiana e il mistero della comunione tra i popoli e le fedi, Papa Francesco ha varcato la soglia dell’eternità, lasciando un segno indelebile nel cuore dei fedeli.
Le sue ultime apparizioni pubbliche sono state come sigilli profetici del suo pontificato, testamento vivente di un’anima consumata dall’amore per Dio e per i più piccoli: Giovedì Santo nel carcere di Regina Coeli, dove ha lavato i piedi ai detenuti, ribadendo con il gesto più evangelico che nessuno è escluso dalla misericordia di Dio.
Sabato Santo, quando, in forma strettamente privata e in carrozzina, ha voluto raccogliersi in preghiera nella Basilica di San Pietro, nella quiete del Sepolcro, un gesto di profonda intimità con il Signore nel silenzio della vigilia pasquale. La domenica di Pasqua, quando, con voce affaticata ma con sguardo colmo di luce, ha impartito la Benedizione Urbi et Orbi, richiamando ancora una volta alla pace tra i popoli e alla fraternità tra gli uomini. E in Piazza San Pietro, tra la folla, sempre la domenica di Pasqua, appena un giorno prima della sua dipartita, quasi a voler stringere in un ultimo abbraccio il popolo di Dio. Un’apparizione tenera e potente, segno di un cuore che si dona fino alla fine. Con questi gesti, Papa Francesco ha voluto ricordarci che la fede si fa carne nella carità, e che la Chiesa è chiamata a stare accanto all’umanità ferita, con lo stile della tenerezza e della prossimità. Come il suo santo predecessore, San Giovanni Paolo II, che visse fino all’ultimo il mistero del dolore trasfigurato, anche Francesco ha mostrato come si annuncia il Vangelo con la vita, anche nel silenzio, anche nella sofferenza.
Entrambi ci hanno insegnato che la forza del pastore non è nella potenza, ma nella debolezza accolta per amore, nella croce abbracciata per la salvezza del mondo. Nel cuore di questa eredità spirituale, troviamo la figura di Maria, Madre della Chiesa, Madre della Speranza. A Lei, che ha accompagnato Gesù fino alla croce, affidiamo l’anima del Papa defunto. A Lei, che accompagna la Chiesa nella storia, chiediamo consolazione e coraggio per camminare nella luce del Risorto. Papa Francesco ha seminato nel solco della fede, ha irrigato con le lacrime della compassione, ha raccolto frutti di misericordia. Ora riposa in pace, accolto nel Regno preparato per i servi buoni e fedeli.
Requiescat in pace!
Roma, 21 aprile 2025
Mons. Jean-Marie Gervais, Presidente dell’Associazione Tota Pulchra, Presidente della Fondazione Rezza Pro et Caritate, Cappellano della Chiesa di Santa Maria Annunziata in Borgo