Un nuovo artista in Tota Pulchra. Evaristo Petrocchi è entrato a far parte della nostra Associazione condividendo con noi il ruolo centrale dell’arte e della cultura in questo momento di grave crisi sociale. L’arte, come da sempre nella storia, deve essere portavoce del periodo storico che stiamo vivendo, e con Evaristo, Essa si fa rappresentante di alcune tra le sfide del nuovo Millennio più importanti. Media di rappresentazione interna umana e del mondo, con l’Arte, Evaristo ci propone la sua filosofia concettuale e la sua visione del mondo, dei suoi cambiamenti e delle tematiche sociali che influenzano l’animo umano e viceversa.

Di seguito una mia intervista all’artista.

 

Dopo essere nato e aver passato molto tempo a Roma, attualmente vivi tra l’Urbe ed Assisi. Due realtà diverse tra loro riassumibili in “Urbanizzazione e Natura”. Come questi due ambienti così diversi, ma anche connessi tra loro incidono sulla tua arte?

Roma è il mio ambiente nativo, dove ho trascorso i miei primi 13 anni, per poi tornarci per lavoro a trent’anni. Qui ho acquisito quel bagaglio di vita interiore vissuta tra l’intimità di luoghi che ho amato esistenzialmente: vecchi bauli dove mia madre conservava vesti vissute, valigie e cappelliere usate, camicie da notte ingiallite, cappelli di famiglia, giocattoli riposti in angusti sgabuzzini ingialliti della mia casa romana, che poi nel tempo ho trasformato in opere d’arte. Questi “vesti” sono diventate anche le “vesti” di Roma nei miei lavori più recenti: in alcuni collages recenti accompagno le stoffe, i vestiti, le camicie, i feltri, ad elementi naturalistici, come i baccelli di glicine e di alberi di giuda, i melograni, le rose canine, che traggo dai luoghi agresti di Assisi unendoli in immagini fotografiche di luoghi storici, come Castel Sant’Angelo, dove sono evidenti ti i segni dell’inquietudine della natura di fronte all’inquinamento, al cambiamento climatico, al turismo di massa globalizzato ed anonimo che invade e corrode anche il nostro patrimonio culturale. Nel 1979 ho realizzato il mio primo collage: una vissuta camicia da notte trovata in un baule di famiglia nella mia casa di Roma, appartenente probabilmente a mia madre. La camicia da notte era cucita sulla tela con fili colorati e va intesa come un segno per esorcizzare il mistero della vita vissuta, racchiuso in un abito usato che viene portato alla vista esterna in modalità inconsueta. A distanza di 30 anni, nel 2010, due nuove camicie da notte vengono da me nuovamente usate nel collage “Inside the room” da cui origina poi “Inside the isle”, ispirata all’Isola dei morti di Bocklin, ed il successivo progetto contro i cambiamenti climatici “Inside the isle – s”, con il titolo che volge al plurale, con l’intento di diffondere ovunque una cultura di tutela a favore dell’ambiente contrastando le attuali trasformazioni della Terra. Mi propongo infatti di far riflettere su tali trasformazioni nelle sue implicazioni più profonde a livello simbolico e metafisico, proprio partendo da quell’opera del grande artista svizzero che leggo come un forte messaggio che esprime il senso profondo del ciclo naturale della Vita e della Morte. Il senso di intrusione clandestina e di violazione che è presente in Inside the room può essere qui paragonato a quel senso di intrusione che si prova quando a Roma si entra nel tempietto di San Pietro in Montorio, superando il colonnato per accedere in un luogo riservato e protetto, a difendere forse un misterioso segreto. A questa opera ne sono seguite altre nelle quali predominano elementi naturalistici come baccelli di glicini, alberi di giuda, melograni, semi di carruba, fiori di altea e di gelsomini, che si intrecciano e si avvinghiano testimoniando l’inquietudine della natura e dell’ambiente che va di pari passo con quella dell’Uomo, perché violati e/o indotti da fenomeni esterni incontrollati. Le opere che ho dianzi citato rientrano sempre nell’ambito del progetto Inside the isles, ed, in particolare i collages che ho dedicato a Roma, mia città natale e che parlano del Tevere, di Castel Sant’Angelo, degli Angeli sul ponte, nelle loro attuali problematiche vesti. Ed infine tra le “vesti” di Roma ne cito una mia personale, un mio cappotto comprato a Roma ed appesantito dalla vernice del vissuto ma avvolto al tempo steso da baccelli inquieti che ho raccolto, come le altre essenze, sempre nella mia tenuta di Assisi dove ora vivo la maggior parte del mio tempo.

 

I tuoi capolavori prendono forma tramite la tecnica del Collage, che nacque nel 1912 grazie alle opere d’avanguardia dei Cubisti, in particolare Braque e Picasso. Cosa ti ha spinto ad adoperare questa tecnica invece di quelle più “tradizionali”, ad esempio pittura e scultura?

Il  collage non rappresenta una forma espressiva antitetica alla pittura o alla scultura o qualsiasi altra forma espressiva artistica. Significa soltanto la possibilità di usare, al tempo stesso, le diverse tecniche compositive, tradizionali o meno, al fine di raggiungere un obiettivo espressivo “unico”  che va dal di là della specifica tecnica usata: pittura, scultura, fotografia, ecc. Per questo oggi la mia  tecnica principale è il bonding, consistente nel trovare il legame profondo che unisce gli oggetti dei miei collages tra di loro e lo sticking con il quale riesco a fare incollaggi arditi, come incollare pericolosamente tra di loro materiali delicati e inusuali (piccoli petali di fiori o nidi di insetti), conservando anche profumi e odori della materia naturalistica ed industriale usata, con tecniche miste, dal puro collage, all’assemblaggio, al disegno, alla pittura, alla fotografia.

 

Nella tua arte possiamo notare differenti citazioni metafisiche e simboliche a Bocklin. Come sei entrato in connessione con l’artista ottocentesco svizzero? Cosa ti ha colpito in lui così profondamente da indagare, reinterpretare la sua suggestione, e farla tua?  

Inside the isle è il collage composto nel 2012 e dedicato all’opera di Arnold Bocklin, “L’isola dei morti”- Qui ho usato materiale fotografico, rami di legno, foglie di tabacco, semi di olmo e baccelli vari. In questo collage rappresento una misteriosa isola naturalistica caratterizzata da un romantico bosco ventoso dove la natura circostante contiene in sé il mistero della vita e della morte. Al centro del collage è posta una foto di una camera da letto dove si agita una figura nera inquietante che crea disagio ed inquietudine. Questa stanza è però null’altro che la riproduzione fotografica dell’altra opera che avevo fatto nel 2010: “Inside the room”, nella quale avevo utilizzato vissute camicie da notte  che contornavano, come delle tende, il misterioso interno della camera da letto nella quale risultava visibile ed aleggiante la indefinibile figura scura. Forse la morte stessa o solo una misteriosa presenza estranea al luogo, intimo e riservato, come può essere una camera da letto per simboleggiare l’idea del disagio interiore dell’Uomo di fronte alle incognite della sua attuale vita ambientale e reale. Queste due opere esprimono la più grande profondità del valore della Terra, delle sue identità e peculiarità, che ruotano intorno alla vita ed alla morte, come il ciclo delle stagioni. Comprendere questo valore vuol dire tutelare la sua identità culturale più essenziale, in tutti suoi aspetti, territoriali, storici, ambientali, naturali. Se si comprende questo si percepisce conseguentemente tutto ciò che ne altera irreparabilmente la sua essenza, come i cambiamenti climatici dei nostri giorni.

 

Nelle tue opere è ben visibile il rimando all’arte povera e concettuale. La tematica sociale, anche con media più contemporanei come la fotografia, è quindi un tassello essenziale nella tua arte. Chiaro è il rimando alle problematiche sociali dei cambiamenti climatici. E’ stato un tema sempre a te caro o lo hai scoperto e sviluppato nel tempo?

Il progetto “Inside the isle – s”, è nato quindi come una estensione di questi concetti a tutte le isole e territori della Terra minacciati dai cambiamenti climatici che ne mettono in pericolo l’identità dei luoghi, dei prodotti agricoli e naturalistici, come semi, baccelli, fiori ed essenze che convivono nelle mie opere con i più noti elementi che provocano trasformazioni ambientali, quali oli, derivati del petrolio, bitume, pannelli industriali. E questo progetto è partito da Ancona con la mostra del 2017, non a caso anche in sintonia con il viaggio che, proprio da qui, San Francesco iniziò il 24 giugno del 2019 alla volta del sultano Malik al-Kamil, per portare in dono non tesori ma semplici prodotti della Terra. Non realizzo tuttavia opere definibili “concettuali” o di “arte povera” in sé per sé anche se utilizzo materiali comuni, ed esprimo spesso concetti “densi” nelle opere stesse, siano essi naturali o industriali; e così pur amo usare immagini fotografiche nei collages non come “immagini” in se stesse appunto, ma come “materia” da trattare, da far vedere in contesti inusuali ed inconsueti, e cioè per mostrare cose, oggetti, ambienti, paesaggi da diversi punti di vista, andando al di là della mera apparenza e per far capire il lato “fondo”, e cioè trascurato, dimenticato o abbandonato di esse, e dimostrando, al contrario, il loro valore culturale essenziale. Perseguo comunque la bellezza nelle opere e credo che ognuna ne abbia una, unica ed irripetibile, non commensurabile, che dipende dal fatto di essere realizzata, con la tecnica del bonding, con oggetti e cose che trovano una precisa collocazione nell’ambito di essa e ne definiscono la identità profonda. Se mi chiedo perchè un seme o un baccello è incollato in un punto dell’opera è come se mi domandassi perchè il nostro Paese si trova nel Mediterraneo o perché Assisi è sul Monte Subasio o perché Milano è nella pianura Padana sotto le Alpi. La risposta non è in chiave metafisica o trascendente ma identitaria, i nostri tratti somatici sono i tratti unici ed irripetibili del nostro essere “umani”. Ma lo saremo sempre?

 

Hai partecipato a numerose mostre nella tua carriera da artista. Durante il Progetto Nazionale Orti Urbani svoltosi all’EXPO di Milano nel 2015, dove è stata messa una lente di ingrandimento sulle forme di agricoltura sociale e culturale del territorio e come modalità contemporanea di vita per i popoli, hai potuto far vedere la tua arte e la tua filosofia al mondo interno. Quali riscontri hai avuto dalle persone e dalle istituzioni durante questo Evento?

Con il progetto nazionale Orti Urbani presentato ad EXPO 2015 ho voluto diffondere una cultura fatta sulla semplicità e naturalità dei prodotti della Terra per far capire che una zucchina o un pomodoro o l’olio di oliva (che sono stati anche i temi di alcuni miei più recenti collages) hanno un grande valore culturale che va al di là della alimentazione e gli “orti” non sono soltanto luoghi di produzione di ortaggi a basso costo per i poveri, ma esprimono la possibilità di una riflessione sul senso profondo della Terra e le sue caratteristiche identitarie. Il progetto, che è stato all’epoca portato avanti con l’ANCI, Italia Nostra, il CONAF, e lo stesso Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, ha avuto una notevole diffusione e ad esse hanno aderito numerosi comuni italiani. Ad Expo 2015 ho esposto in particolare il progetto al Tavolo della coesione territoriale come un possibile modulo etico di tutela e salvaguardia del territorio italiano e dei suoi prodotto agricoli identitari, per un turismo ed uno sviluppo economico sostenibile. Questo progetto è stato poi da me ripreso con la proposta legislativa lanciata sempre con le stesse istituzioni, a Matera, capitale della Cultura europea nel 2016, “verso una nuova agricoltura”, quale elemento storico, identitario e culturale italiano.

 

Da poco tempo fai parte come artista dell'Associazione Artistica e Culturale Tota Pulchra. Come sei venuto a conoscenza dell'Associazione? Cosa ti ha spinto a farne parte e quali sono le tue aspettative?

Ho conosciuto Tota Pulchra tramite una conoscenza occasionale di una persona su Linkedin che me l’ha proposta. Spero che per la sua natura e vocazione, questa associazione possa dare importanza alla sostanza ed alla cultura delle cose in un mondo sempre più dedito più all’apparenza ed all’immagine. Nella attuale grave situazione pandemica sto realizzando due nuove opere “e se le formiche avessero portato semi di melograno e di rosa canina” e “sweets from universe”, con le quali affronto le tematiche della organizzazione sociale in chiave etica e della ricerca di possibili altri luoghi da vivere al di fuori della Terra (con la prima ho ricostruito un formicaio e con la seconda ho elaborato una scatola di cioccolatini con frutti e baccelli di melograni ed altre essenze che sono del mondo e dell’universo).

 

Loris Innocenti

Art Director / Artist Manager

Tota Pulchra: Associazione per la promozione sociale

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