Oggigiorno, parlare di Moda non necessariamente ci riconduce alla bellezza che nasce negli atelier di moda, o nelle sartorie di alta gamma. Esiste una concatenazione dinamica, talvolta rapidissima, di mode: tale da toccare tutti i settori della vita. Più di cento anni fa, il migliore vocabolario della lingua italiana – ‘Nuovissimo Melzi’, ed. Agosto 1917, Antonio Vallardi Ed., Milano – alla voce ‘moda’ indicava lapidariamente ‘usanza passeggera’: e in effetti è così, anche la durata ha anch’essa delle variabili, legate all’oggetto della moda, alla platea sociale cui è indirizzata, alla durata dell’assorbimento della moda. Le origini della moda si concretizzano stabilmente nell’antica Roma, epoca in cui le donne che potevano contare su uno status di agiatezza potevano rifornirsi di tessuti pregiati e colorazioni particolari, oltreché su drappeggi raffinati degni dell’alta sartoria di oggi. A questo si aggiungano gioielli e ori provenienti dai quattro angoli dell’Impero, spesso lavorati da artigiani eccellenti, entrati anch’essi nella Storia. Quel particolare modo di abbigliarsi costituì il modus (maniera, moda, modalità, guisa, costume) preso a campione e quindi anche preso a modello da altre donne importanti, ma anche ripetuto in chiave minore da quelle meno abbienti. Ma non dobbiamo trascurare analoghi sfarzi nelle donne nobili o anche solo di alto lignaggio dell’Antico Egitto, della Mesopotamia, della Grecia, della Persia, della lontana India, non trascurando aree della Spagna, della penisola arabica o della stessa Africa: sintetizzando, ovunque vi era disponibilità economica e buon gusto, le donne (ma anche tra gli uomini non mancavano i ‘civettuoli’) indulgevano nel variare principalmente foggia e tessuti dei propri abiti, arricchendo il tutto con preziosi monili e pietre rare provenienti da lontanissime miniere. Ma se i segnali di questi desideri, di queste mutazioni si ebbero fin dalla prima emancipazione umana, non dobbiamo trascurare di riferirci al significato sociale – sempre crescente - rappresentato dall’abito, divenuto man mano un segno qualificante e distintivo: basti pensare alla casta sacerdotale o a quella militare. La moda, ancorché di breve durata e quindi di per sé stessa effimera, di minore o maggiore buon gusto (spesso, proprio chiassosa e grossolana: persino di cattivo gusto quando non popolaresca), ha in sé risvolti legati alla psiche delle persone. Le aiuta a mascherarsi, a rendersi meno decifrabili, camuffando la propria stessa personalità; ma anche l’opposto, ossia ponendo in forte rilievo la propria personalità. Abito fa rima con disegnatori, accessori, gioielli, calzature, sartorie, sbocchi commerciali all’estero… Così che gli interessi che, a livello produttivo e commerciale, caratterizzano tutto il comparto sono di imponente mole finanziaria.
Ma la questione moda è tutta qui? Certo che no! Con gli anni la questione dei costumi via via si è diffusa ad altri settori, diversi dall’abbigliamento, estendendosi anche alle modalità comportamentali. Ad esempio, al senso di emulazione – specie tra i giovani -, dove il comportamento o il modo di vestire trova facile e immediata diffusione: basta mettersi davanti a una scuola per vedere quanto la moda, possa diventare persino una sorta di divisa. Jeans, scarpe per il tempo libero, giubbotto… Una volta, riconoscevano i nostri figli da lontano, anche grazie alla policromia dei loro abiti; ora, nell’insieme omologato, per ritrovare i nostri figli occorre avvicinarsi molto al gruppo. Ma questa constatazione, che oltre a questa omologazione di massa ci porta alla fonte della stessa – attore o vip che sia, l’originario modello preso a campione -, non è più di tipo naturale, spontaneo; oggi, dietro tutti questi fenomeni, dalla fortissima valenza commerciale, c’è un sempre più attento e capillare studio di marketing. Uno studio che sempre più di frequente, impone dei prodotti: una volta definito l’obiettivo, basta sollecitare (e ben pagare) un soggetto che per propria notorietà abbia visibilità e che sia disposto a promuovere il prodotto, che il gioco è fatto. La moda ha quindi i suoi altari e le sue sapienti procedure per promuoverli. A questo punto, siamo in pieno marketing, con capillare utilizzo di annunci pubblicitari, spot radiotelevisivi e quant’altro: strumenti utili tanto per lanciare una pellicola che un profumo, un libro o un modello di giacca o un nuovo autoveicolo. Ma attenzione, sempre più spesso queste tecniche di vendita sono talmente abili da sconfinare in forme di raffinata persuasione (per molti, pura manipolazione) anche creando quella che è nota come attesizzazione del fenomeno: prima del lancio di un nuovo modello di autoveicolo come pure di un nuovo modello di telefono mobile, ad esempio, farne vedere dei particolari (con il tutto condito da musichette e paroline caramellose), decantarne qualche particolarità facendo solo immaginare il prodotto finito… che sarà poi presentato dopo una ventina di giorni, quando l’attesa tra chi si ciba di tali eventi, sarà al massimo. Moda, modelli, sofisticatissimi nei meccanismi e nelle dinamiche sociali ed economiche: con la gente, i consumatori – ossia coloro che sono ben disponibili all’acquisto – completamente affascinati e persuasi dagli incessanti stimoli promozionali. Avrete notato l’evoluzione del concetto di moda, dall’abbigliamento femminile, agli autoveicoli, ai telefoni cellulari o ad altro: ma il concetto di fondo è il medesimo. Pensate, con calcoli sofisticati si riesce anche a prestabilire quanto potrà essere l’assorbimento sul mercato di un determinato prodotto! Ma oltre che nel settore delle merci, dei beni o dei servizi, oggi la moda si estesa, quale modello comportamentale, alle persone. Con tecniche più di subdola manipolazione che di semplice quanto sofisticato marketing: le persone vengono convinte a fare un qualcosa da parte di chi ha interesse a fare un qualcosa per mero e personale interesse. Guardare intorno a noi, con lucidità, porsi degli interrogativi, vedere correttamente cosa accade intorno a noi, chi sia il soggetto proponente, quale il fine proposto e quale il fine recondito e quindi reale, chi sia che in realtà ci guadagni nel fare quel ‘qualcosa’, è la chiave per decifrare ciò che accade: troppo spesso circondato da una mole di pseudo notizie di corredo, utili solo a creare distrazioni e secondi, finti, scenari. Gli obiettivi prediletti di queste manipolazioni? I giovani, specie quelli – numerosissimi – indecisi, immaturi, confusi e persino impauriti; e per le stesse ragioni, gli anziani: due bersagli facili, circuiti dapprima per essere sfruttati, utilizzati senza scrupoli e persino vilmente, poi. Avete visto che partendo dalla moda, siamo passati alle mode; dalle mode ai modi, dagli aspetti commerciali a quelli più ampi del marketing, della pubblicità e della persuasione occulta; da qui alla manipolazione delle persone, indotte ad accettare delle pseudo-declamate-soluzioni fidandosi dei soliti lupi travestiti da agnelli. Ma anche questo ci riporta alla moda: ricordandoci che l’abito non fa il monaco!
di Giuseppe Bellantonio