L’Arte sconvolge, annienta le regole della società e fissa il suo sguardo oltre il visibile. È fatta per abbatter barriere, screditare pregiudizi ed è utile alla comprensione del mondo, permettendoci di superare l’apparenza. Ma in un’era in cui ci si ferma solo alla superficialità di ciò che ci circonda, l’Arte perde il suo valore originario. Diventa quindi necessario ricordare l’importanza di proseguire su una strada culturale e artistica coinvolgendo anche le nuove generazioni.

Abbiamo deciso di farlo ripercorrendo alcuni dei progetti più significativi realizzati dalla nostra Società di servizi culturali & progetti espositivi IL VICOLO, in Romagna, dal 1989 ad oggi. Per questo motivo Cesena fa da sede alle 2 mostre appena inaugurate e alla terza che si aprirà il 6 novembre (Galleria Comunale d’Arte - Palazzo del Ridotto):

“MONGARTE® - Racconti plurimi del riciclaggio” (n. 5 edizioni [a partire dal 2006] realizzate per il Comune di Sogliano al Rubicone, grazie al contributo della Sogliano Ambiente). L’esposizione odierna è composta da opere prescelte di: Gabriella Benedini, Medhat Shafik, Mattia Vernocchi, Anna Santinello, Paolo Poni allestite nella settecentesca Chiesa di San Zenone.

 

MongArte® Racconti plurimi del Riciclaggio

Il progetto MongArte dimostra come anche in piccoli nodi urbani, come Sogliano al Rubicone, decentrati in provincia, si possano realizzare eventi catalizzatori di rilievo nazionale, a conferma delle potenzialità e delle capacità dei luoghi di farsi “lente” e cuore pulsante della cultura tout coeur.

In una prospettiva di educazione al rispetto e alla rivalutazione del “rifiuto” nacque l’idea, nel 2006, di realizzare un progetto artistico pluriennale con eventi espositivi, laboratori didattici e appuntamenti interdisciplinari. Tutti diciamo di possedere una spiccata sensibilità verso l’ambiente e la qualità della vita, sempre più indissolubilmente intrecciati in una società che, godendo dei vantaggi di un lodevole progresso, spesso ne dimentica però l’inevitabile responsabilità.         

Scriveva Sant’Agostino che «[...] ciascuno è tale quale l’amore che ha. Ami la terra? Sarai la Terra».

Nel grande affresco della vita l’Arte si inserisce come uno strumento necessario e vitale per chi vuole allargare gli orizzonti delle emozioni e della conoscenza. Un approccio polisensoriale, dunque, pone l’opera d’arte in un immaginario percettivo che chiede di andare oltre alla passiva abitudine del “guardare” per imparare a “vedere”. Perché l’anima degli uomini ha bisogno della fantasia, dell’im­maginazione e del mito in cui potersi specchiare e riscoprire.    

L’Arte è trasformazione per eccellenza: è metamorfosi, permutazione mitica, trasformazione favolosa. Nulla si crea e nulla si distrugge... ma tutto si trasforma.

Brancusi scriveva: «[...] non voglio essere alla moda, le mode pas­sano, se si viene contestati non è grave, ma una volta che si è com­presi, lo si è per sempre». L’arte autentica non si preoccupa infatti di compiacere, non è provocazione o dissacrazione, al contrario esprime anche drammaticamente la complessità del vivere.  

«[...] Lo scartare, il gettare, il cancellare sono diventati gesti abituali quasi nevrotici che portano in sé il significato della commer­cializzazione dei valori. Il consumismo accelera la morte degli oggetti e insieme con gli oggetti quella delle intenzioni, delle speranze dei sogni e dei progetti che a questi sono legati, e rischia di buttare al macero anche i ricordi.

Tra i rifiuti stanno cose consunte che hanno terminato il proprio ciclo, ma stanno anche brandelli della nostra vita, sta ciò che rifiutiamo perché doloroso conservare, sta ciò che non merita di essere distrutto o di marcire, ma che potrebbe avere nuova e diversa esistenza. E nella eliminazione frenetica regna il caos.          

La spazzatura diventa metafora di ciò che non abbiamo voluto vedere, vivere o provare, di ciò che senza elaborare nè riflettere, abbiamo espulso. [...] Eppure da questi depositi i nostri stessi rifiuti riemergono nel sogno, nelle nevrosi, negli incubi o nella nostalgia» (Gabriella Baldissera).

 

 

Commento alle opere dei 5 artisti selezionati

ANNA SANTINELLO / Le sculture di Anna Santinello sono fatte di fili di ferro intrecciato, tessuto denso di trame che lasciano filtrare l’aria.

Sono forme fatte di spazio, di vuoto e di luce. Così ogni sua opera è nido/nodo/gabbia/ventre. L’artista segna e tesse la propria condizione di donna, novella Penelope, senza dissimulazioni.

In queste tessiture del profondo Anna Santinello scava conducendoci alle memorie inconsce, alle reminiscenze di una scultura disincarnata dove la fatica dell’esistenza della materia si fa tangibile. Mani ciclopiche oppure di dimensione più umana divengono mitologiche rappresentazioni della memoria archetipale in un gioco allucinatorio. La pelle - ribadisce l’artista - è corazza, maschera, ombra densa di ciò che resta dopo l’ab­ban­dono dell’anima dal corpo.

Lo spazio, dentro e intorno, diventa risonanza che abbraccia e spazialità che contiene. Una modalità espressiva potente dalla quale emergono turbamento e inquietudine quali espressioni fondanti dell’essere umano.

 

GABRIELLA BENEDINI / Tutte le opere di Gabriella Benedini sono reinvenzioni oggettuali poste fra spazio e tempo. Come ha scritto Paolo Fabbri «negli interstizi dei linguaggi - proferimento e iconizzazione - c’è dialogo, cioé uno spazio di separazione e passaggio, di contratto e conflitto da cui emerge senso». Nelle sue opere anche la scrittura si incarna.

«La compostezza dell’arte è l’incontro fra le pulsioni della vita e le pulsioni autodistruttive» ha scritto la psicoanalista Adriana Pagnoni. Il tipo di ascolto sensoriale che una mostra d’arte richiede ha necessità vitale di una “pausa”, di una riflessione speculativa, di un momento di estraneamento dal contesto quotidiano, di una “pausa” per un approccio consapevole. Oltre il “pensiero visivo” entra in gioco il nostro irrazionale e solo allora si può giungere ad un “assaporamento estetico”. Astrazioni di segni e di simboli; “bellezze del brutto” recuperate, come tessere a ricomporre allegorie di viaggi che appartengono al passato o a segnare traiettorie astrali per viaggi futuri.

 

MEDHAT SHAFIK / La gestualità segue il pensiero. Viviamo in un mondo anestetizzato: troppe immagini, troppe sollecitazioni. Così solo i labirinti dell’arte diventano una sorta di veri e propri rifugi dai naufragi della nostra esistenza. Viviamo nella perenne rincorsa di un approdo: vocazione, passione e curiosità, uniti al talento, portano l’artista a sedimentare le tracce dei suoi desideri. Così gli scarti, i rifiuti sono l’humus organico del nostro stesso esistere. Nel viaggio artistico dell’opera di Shafik ci ritroviamo in una dimensione rituale, magica, misterica, esoterica dove tutto si fonde in un incanto alchemico. Qui ritroviamo una bellezza arcana che affascina: permutazioni visionarie per nuove appartenenze. Le arti marcano il passaggio delle diverse culture nel tempo. Codici e radici antiche si fondono e si con-fondono negli echi della comunanza di archetipi per l’anima originaria di Medhat Shafik. Le città bianche e le città invisibili fanno lievitare ancor più il senso delle cose come in un cammino di ascesi. Qui, Oriente e Occidente si incontrano e si fondono.

 

NERO/JAGULLI/VERNOCCHI / «La modernità non è una trovata, ma è scoprire nuovamente l’anima delle cose con l’intensità che circola nell’aria del proprio tempo» (Arturo Martini). Ogni artista scegliendo, scartando, disponendo, ridisegnando, ricomponendo e deformando rafforza un’estetica basata sull’intuizione e sulla sensibilità di essere nella vita e nell’arte, che è arte di vivere. L’atto creativo si codifica e si concretizza nella spettacolarità anche minimale di un frammento recuperato e già con questo solo atto nobilitato perché tolto dal fluire magmatico del caos. La “parte” è così dissepolta dal “tutto”. Ogni pezzo diventa indispensabile di verità per l’altro: innesto ritmico in espansione per agglutinazioni impermanenti. Medardo Rosso scriveva: «[...] niente è materiale nello spazio, perché tutto è spazio quindi tutto è relativo. [...] Una emozione è più o meno forte ma è sempre emozione. Qui c’è un’ombra, non posso mica toccarla. Qui c’è un colore, non posso mica toccarlo. Dunque tutto riflesso e tutto effetto è relativamente».

 

PONI/ZAVALLONI / «Non riusciamo a ritenere tutto e ad avere uno sguardo che abbracci il presente, il passato e il futuro, e ci accontentiamo di scorci di squarci. Occasionali epifanie. Il nostro sguardo coglie solo limitati orizzonti spaziali e temporali e ci costringe a muoverci e a dimenticare, e dunque a dipartirci dalle cose, dagli eventi, dai pensieri. Ma siamo noi ad allontanarci e non essi a svanire» (Marcello Veneziani). Compito dell’artista e del poeta è farsi veggente, come sosteneva Rimbaud «mediante un lungo, immenso e ragionato sgretolamneto di tutti i sensi» per giungere all’ignoto «investigando l’invisibile e ascoltando l’inaudito».

Paolo Poni realizza pannelli e sculture a tutto tondo orlate di ironia, tessute nella banda elastica del doppio senso, del gioco e del bisbiglio, del riso e del pianto, nel transitorio essere nel mondo, fra modellini dalla memoria riluttante, fra nenie e filastrocche. Tutto in lui subisce un “trasloco di senso”. Per un elogio, forse, alla “fragilità contenta” di tutte le cose...

 

Biografie degli artisti

ANNA SANTINELLO

Nata a Padova il 31 marzo 1937, Anna Santinello vive e lavora a Milano, città in cui si è diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e dove ha svolto gran parte del suo percorso artistico. Pittrice e scultrice ha presentato le proprie opere in Musei, spazi pubblici e affermate gallerie in Italia, Francia, Germania, Irlanda, Colombia, Cina e Giappone. I suoi lavori sono stati presentati e recensiti da noti esponenti nel mondo della cultura, tra i quali ricordiamo: G. Testori, R. Bossaglia, M. Vallora, M. Goldin, G, Di Genova, C. Franza, D. Montalto, T. Trini e P. Restany.

 

GABRIELLA BENEDINI

Nasce a Cremona nel 1932. Nella sua autopresentazione scrive: «Una biografia non è fatta solo di date, preferisco attraversarla con le immagini [...] Credo che aver visto gente e culture diverse mi abbia liberato da schemi e condizionamenti. Ricordare la bellezza di uno straccetto di stoffa che sventola legato ad un arbusto in pieno deserto e sapere che era una preghiera mi fa ancora viaggiare. Per questo il viaggio, la navigazione, i giorni, le arpe, l’astrologia, il tempo. Il fare arte è ancora l’in­contro con l’imprevisto in un luogo dove le tracce e i segni sono riconoscibili solo attraverso la passione e riconoscendoli esistono».

 

MEDHAT SHAFIK

Nasce a El Badari, in Egitto, nel 1956. Dal 1976 vive e lavora in Italia. Diplomato in Pittura e Scenografia all’Accademia di Brera, dagli anni ’80 partecipa con successo a molte rassegne artistiche nazionali ed internazionali. La sua consacrazione arriva nel 1995 quando viene premiato con il Leone d’Oro alle Nazioni alla Biennale di Venezia. Da allora si susseguono mostre - Palazzo Ducale (Mantova), Gibellina, Civica Galleria d’Arte Moderna (Spoleto), all’Arengario (Milano), Museo Archeologico (Aosta), Biennale Internazionale (Il Cairo), Palazzo Forti (Verona) e incarichi pubblici. Attualmente è in corso una sua personale al MO.CA di Brescia.

 

NERO (Alessandro Neretti)  / MICAELA JAGULLI / MATTIA VERNOCCHI

NERO nasce a Faenza il 24 ottobre 1980. Artista ostile all’Accademia, sviluppa un linguaggio personale

capace di filtrare e sviluppare solo emozioni estreme, mai neutre o banali.

MICAELA JAGULLI nasce a Cesena nel 1971. La sua formazione artistica avviene a Granada dove,

nel 1994-95, frequenta i corsi tenuti dall’artista Francisco Torres.

MATTIA VERNOCCHI nasce a Cesena il 22 ottobre del 1980. Nel 2006 vince il Primo Premio all’European Ceramic Context presso il Museo Bornholms Kunstmuseum in Danimarca.

 

PAOLO PONI / RAFFAELLA ZAVALLONI

PAOLO PONI nasce a Forlì nel 1968. Dopo gli studi di architettura a Firenze,

si appassiona alla scrittura ludica e all’arte. Possiede la capacità innata di donare

una seconda vita alle cose scartate, gettate, facendole rivivere in un mondo magico e trasognato: quello dell’Arte.

RAFFAELLA ZAVALLONI nasce a Savignano sul Rubicone nel 1956. Dopo gli studi in Filosofia all’Università di Bologna, indirizzo estetico, ha disegnato e realizzato costumi teatrali, pubblicato atlanti naturalistici di animali e piante, dipinto arazzi. Il cartone ondulato si configura come uno dei materiali poveri più amato.

Tota Pulchra: Associazione per la promozione sociale

Sede Legale: via della Paglia 15 - Roma (RM)   —   C.F.: 97939900581

IBAN: IT11 B031 2403 2170 0000 0233 966   —   Codice BIC: BAFUITRRXXX

 

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