Nel sud del Monte Libano, in una regione abitata storicamente da drusi e cristiani, un importante progetto di ricostruzione materiale e riqualificazione culturale ed economica riguarda il monastero di Sant’Elias (il nome originario, Ilia, indica il profeta Elia della Bibbia) di Kahlounieh, dell’Ordine maronita libanese, fondato nel 1766 e andato distrutto nella guerra civile scoppiata nel 1975 e terminata solo nel 1990. Il progetto è dell’associazione di promozione sociale “Tota Pulchra” (nata nel 2016), che si occupa d’arte in quanto manifestazione, nell’uomo, della bellezza divina e mezzo di cambiamento sociale; e ha già al suo attivo iniziative come mostre d’arti figurative, convegni, spettacoli teatrali, ecc… Presieduta da Mons. Jean Marie Gervais, prefetto coadiutore del Capitolo Vaticano (che ad agosto scorso ha visitato Sant’Ilia), l’associazione sta cercando d’assecondare gli sforzi del monastero – guidato dall’82nne padre Antoine Houeis, già promotore “in loco”, negli anni ’70,. d’una scuola per 400 studenti, di tutte le comunità religiose , specialmente druse e cristiane – per risorgere.
L’ occupazione del Paese da parte siriana terminava nel 2005, in seguito alla “Rivoluzione del cedro”, rivolta nonviolenta della popolazione, sdegnata per il presunto coinvolgimento dei siriani nell” assassinio dell’ex-premier sunnita Rafiq-al-Hariri. Seguivano la seconda guerra del Libano (2006), tra Israele e il gruppo libanese degli hezbollah filoiraniani, che finiva con l’interessare l’intero Paese, e, dal 2011, l’indiretto coinvolgimento del Libano nella guerra in corso in Siria. “Oggi, il Paese vuole fortemente la pace”, dice monsignor Gervais; “e i monaci di S.Elias voglion fare del monastero un centro di riconciliazione nazionale e dialogo interreligioso, in quella tradizione di incontro tra religioni e culture diverse (cristiana maronita e di altre confessioni, musulmana sunnita, scita, drusi) che ha sempre caratterizzato la storia del Libano. I monaci, aiutati da associazioni private, stan cercando di raccogliere fondi per completare la ricostruzione del monastero (celebre anche per i suoi antichi affreschi; in un vicino villaggio, soggiornò, a suo tempo, anche il poeta francese Lamartine), ma la cosa richiederà tempo, anche per i problemi politici. In complesso, però, gli stessi drusi (altra storica comunità religiosa del Paese) e tutti i libanesi capiscono che la presenza cristiana nel Paese è storicamente importante, connaturata alla stessa fisonomia del Libano”.
“I cristiani del Paese, e specialmente i maroniti”, aggiunge al telefono Fady Khoury, professionista libanese attento osservatore della situazione locale, “oggi sono chiaramante percepiti dalla popolazione come guardiani dell’ idea storica e politica del Libano; il Santo Charbel Makhluf (1828- ’98, monaco dell’ Ordine Antoniano maronita, taumaturgo, canonizzato da Paolo VI nel 1977, n.d.R.) è il santo di tutti i libanesi, e le istituzioni religiose in Libano, specialmente la chiesa maronita, hanno un’autorità superiore a quella degli stessi partiti politici. Mentre gli eventi delle “Primavere arabe” (preannunciati in qualche modo, sei prima, dalla “Rivoluzione del cedro”, N.d.R.) han mostrato a tutti i musulmani libanesi il valore del Libano, multietnico, multireligioso e multiculturale, Stato dove da sempre convivono genti di comunità diverse, come unica alternativa possibile, per un Medio Oriente finalmente tranquillo”.
Il piano di ricostruzione di S. Elias, una volta ultimata la fase della progettazione e previsione del necessario budget (da parte d’ uno studio d’ingegneria locale o italiano) prevede l’introduzione, nei terreni del monastero, delle più moderne tecnologie bio ed eco-correlate: per immagazzinare energia pulita e avviare attività di agricoltura biologica (per la produzione di vino, olio d’oliva, prodotti di base legati alla farmaceutica); che saranno seguite da una nuova generazione di agricoltori, formata da un’apposita scuola-laboratorio.
A breve partirà una forte campagna di finanziamento: “anche un banchiere saudita – precisa Monsignor Gervais – è interessato, per la creazione del centro di dialogo interreligioso e interculturale”.
“Il Libano di oggi”, sottolina ancora Fady, “che vuol veramente chiudere col periodo della guerra civile e delle forti intromissioni straniere (in 35 anni, ben 750.000 cristiani maroniti han lasciato il Paese, con una fuga dei cervelli dagli effetti incalcolabili), ha bisogno di segni di speranza come questo. Il clima interno del Paese oggi è di forte unione fra tutte le comunità ( come emerso anche nell’ultimo episodio del “sequesto” del nostro Primo Ministro), e anche i rapporti con le potenze della zona sono migliorati: recentemente il nostro patriarca maronita ha visitato l’ Arabia Saudita per avviare un nuovo dialogo tra Islam e Cristianesimo, e i sauditi addirittura han mostrato l’intenzione di restaurare un’antica chiesa cristiana, scoperta recentemente da loro.
Nella rinascita di S. Elias può ricoprire un ruolo importante un’associazione come “Tota Pulchra”: arte e bellezza, terreno primario della sua attività, saranno infatti centrali nella vita del monastero ricostruito. Per la cui gestione, in futuro, vedremmo bene un comitato di rappresentanti laici del Libano e dell’ Europa, più un rappresentante del Vaticano. Vorremo, comunque, una gestione trasparente di tutte le entrate e le spese”.
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Fabrizio Federici