Un saggio che è, in sostanza, una "guida spirituale" al mondo, scritto all'insegna della cultura del relativismo nel senso migliore del termine, del razionalismo critico, della "Civiltà del dubbio": contro ogni assolutismo culturale, ogni esaltazione del "pensiero unico", ogni forma di conoscenza presuntuosa, inevitabilmente degenerante in pedanteria.
Ecco le coordinate di "Cammino": agile libretto (Roma, Albatros ed., 2019) dello scrittore Carlo Orlandi che, come De Crescenzo, ingegnere "prestato" alla saggistica, è appassionato di fisica, psicologia e testi sacri.
Un libro il cui messaggio principale è sintetizzato da una citazione, all'inizio, di Shakespeare: "Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi". Citazione che si attaglia perfettamente, diremmo, alla realtà odierna di tanti Paesi dell'Occidente e non: dove elites spesso puramente autoreferenziali, e legate ai grandi circuiti esoterico-finanziari mondiali, governano masse il cui consenso, anche quando sincero, è notoriamente manipolato e forzato, spesso proprio creato da un abilissimo uso degli "idola" cari a Bacone.
Consumismo, pseudocultura di massa, mirabolanti prospettive di sviluppo basate, in realtà, su indicazione di falsi traguardi e, al contrario, sottovalutazione dei problemi reali; strumentalizzazione di altri problemi fatta spesso, solo per trovare il "capro espiatorio" di turno. E' spontaneo, osserviamo, leggere alla luce di tutto questo anche gli avvenimenti della grande pandemia, dello "tsunami" sanitario-economico che oggi sta vivendo tutto il mondo.
Bisognerebbe che tutti, in testa politici e intellettuali, facessero "bagni quotidiani di umiltà", scrive Orlandi: ricordando anche - sulle orme di Cristo, Socrate e Giordano Bruno - che il "grande pericolo della conoscenza non è l'ignoranza, ma l'illusione della conoscenza". In realtà: "non sappiamo, e dobbiamo imparare ad accettare che non sappiamo".
Mentre i ciechi che pensano di vedere in questo buio "vogliono convincere chi è consapevole ..., che invece al buio ci si vede, che basta accendere le "luci": negozi, ristoranti, case, macchine, vacanze; civiltà, successo, denaro, potere", e persino l'illusione dell'eterna giovinezza e, aggiungiamo, addirittura che, un domani, si possa sconfiggere la morte, o perlomeno restringerne l'incidenza ai gruppi sociali più svantaggiati.
In questo scenario, che fa impallidire anche le più nere previsioni della Scuola di Francoforte, di Marcuse, di Pasolini, chi vuole vivere, invece, secondo verità, libertà e coerenza non trova davvero la strada facile; a ricordarcelo, prosegue l'Autore, sono le morti, ognuno sulla sua Croce, di Gesù Cristo, di Bruno, di Martin Luther King. In particolare, Orlandi evidenzia, nel libro, l'estrema, quanto attualissima lezione di umiltà e di coerenza, "usque ad finem et ultra", trasmessa da Gesù. Scendere dalla croce (come fa, ne "L' ultima tentazione", il Cristo di Kazantzakis e Martin Scorsese, che non caso, in ultimo, ritorna sui suoi passi), scrive ancora l'Autore, "sarebbe stato un atto fortemente narcististico, degno dell'essere umano, non divino".
E diffondere la consapevolezza di tutto questo, passare il testimone di mano in mano, un po' come i dissidenti di "Fahreneit 451", che imparavano a memoria i libri distrutti dal potere, è - conclude Orlandi - la sfida ineludibile che attende le nuove generazioni (dove emergono, bisogna dire, anche segnali incoraggianti).